Rush hour, il viaggio nell'adhd in un film.

(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 26 set.2014

Essere normali è diventato difficile, soprattutto se ad essere cronicamente dipendenti dalle amfetamine sono undici milioni di bambini. A sollevare la questione in Italia è 'Adhd Rush Hour', il film-documentario di Stella Savino, distribuito da Microcinema Distribuzione e ora in programmazione nelle sale cinematografiche. Erano forse distratti? Facevano rumore mentre giocavano? Non rimanevano seduti in classe? Non ascoltavano o parlavano troppo? Bastano questi campanelli di allarme per etichettare i bambini come affetti da deficit di attenzione e iperattività (Adhd), somministrandogli una pasticca di metilfenidato o di atomoxetina? È questa la domanda di fondo del lungometraggio, che al pubblico pone la riflessione: "Milioni di bambini sono considerati malati. E se ci stessimo sbagliando?". Il documentario "non ha alcuna pretesa di dimostrare qualcosa su cui la comunità scientifica è spaccata da 50 anni- afferma Savino- vuole solo affrontare l'Adhd da un punto di vista sociale e culturale, mettendo a confronto le voci degli addetti ai lavori con le storie di tre protagonisti: un bambino americano, una donna venticinquenne americana e un adolescente italiano". UN VIAGGIO NELL'ADHD- Un viaggio tra gli Stati Uniti e l'Italia all'interno della sindrome da deficit di attenzione e iperattività (Adhd), tra laboratori di genetica e di Brain Imaging, aule universitarie e scuole elementari, in un confronto tra i due Paesi agli estremi della forbice d'incidenza del disturbo: negli Usa sono diagnosticati come Adhd l'11% dei bambini, in Italia la casistica è invece al di sotto dell'1%. Una disparità che ha attirato l'interesse della regista napoletana, "colpita dal variare dei criteri diagnostici a seconda dei paesi. Una diagnosi che dipenderà dunque esclusivamente dal medico che si incontra". TUTTO PARTE NEL 2008- "Nel 2008 il ministero della Salute reintegrò il principio attivo del Ritalin in Italia e in Campania si scatenò una protesta- racconta la regista- un confronto dialettico guidata da Sergio Piro, un grande psichiatra napoletano scomparso, dall'Asl Napoli 1 e dal Centro Shen, associazione culturale che lavora sul territorio per il diritto alla libertà di cura. Ero una profana della materia, ma sono rimasta colpita da percentuali di incidenza della sindrome così diverse, a seconda del Paese in cui si andava ad indagare". LE DIFFERENZE TRA I PAESI DIPENDONO ANCHE DAL SISTEMA SOCIALE- "Differenze si rintracciano anche nel sistema sociale nel quale si muove il bambino. Negli Usa è molto forte il potere dato alla scuola, che interferisce rispetto alla problematica finendo per imporre la cura farmacologica. Se la famiglia rifiuta- precisa Salvino- il piccolo può essere allontanato da scuola, come se fosse un problema di ordine pubblico essendo un disturbatore della classe e un cattivo soggetto". Salvino è stata per le riprese a Miami, "in un campo estivo. Il centro ai nostri occhi sembrava un lager- ricorda- tutto il programma si basava sul punteggio, in un sottofondo di point-point-point ripetuto ossessivamente. Ho capito che questa logica della ricompensa la utilizzano come stimolo per invogliare il bambino a sviluppare la socialità e lo spirito di gruppo. Sempre meglio questa alternativa al farmaco". LE BASSE PERCENTUALI IN ITALIA NASCONDONO UN FORTE SOMMERSO- "Certo, in Italia le percentuali sono basse perché esiste un forte sommerso- rivela- la gente va a comprare il farmaco in Svizzera perché le linee guida ministeriali impediscono l'uso di psicofarmaci ai minori al di sotto dei 6 anni, anche se molti piccoli danno segni di Adhd già in età prescolare. Inoltre, dopo i 6 anni è possibile assumere farmaci solo se si è dimostrato che le altre terapie hanno fallito". IL PROBLEMA VERO È LA DIAGNOSI- "Il problema vero è la diagnosi- afferma- non ha dei criteri scientifici come molte malattie psichiatriche che soffrono di questa ambiguità. Ciò però che è grave è che l'Adhd riguarda i piccoli e la cura è molto pericolosa. Molti bambini cadono in questa valutazione quando magari hanno altro e se non sei stimolato a fare una ricerca profonda puoi catalogare come Adhd qualcosa che non lo è. Ad esempio- spiega la filmaker- se un bambino ha problemi epatici e si addormenta a scuola possono dirgli che ha deficit dell'attenzione, e crescerà pensando di avere un disturbo mentale quando invece ha un problema fisico che peggiorerà con i farmaci sbagliati". GLI EFFETTI COLLATERALI DEI FARMACI- "Gli effetti collaterali dei farmaci sono scritti sui bugiardini e dichiarati nelle tabelle del ministero. Sul Registro nazionale Adhd- sottolinea Salvino- è anche possibile trovare dei documenti che testimoniano che non c'è nessun caso che non abbia manifestato almeno uno degli effetti collaterali del farmaco. L'atomexina produce allucinazioni, gravi danni epatici e tendenze suicide, e il metilfenidato è un'anfetamina che produce danni epatici, circolatori e l'alopecia. Il principio attivo del Ritalin è classificato dalla Dea (Drug enforcement administration) nello stesso gruppo dei narcotici, insieme con l'eroina, la morfina e la cocaina". RUSH HOUR- Rush Hour vuol dire "ora di punta- spiega la regista- un'espressione che simboleggiala nostra società che non si ferma. Ho iniziato a scrivere la sceneggiatura tra il 2007 e il 2008, ho girato nel 2009 e ho terminato il documentario nel 2010. È rimasto fermo per 4 anni- fa sapere- non lo voleva nessuno e poi improvvisamente lo vogliono tutti". La filmaker napoletana sta già lavorando al prossimo documentario, 'Le Troiane', con Chiara Tomarelli e prodotto da Luca Guadagnino. "È il frutto di un laboratorio di 6 mesi realizzato con le carcerate di Rebibbia sulla tragedia di Euripide".

ADHD, LINGIARDI: DISINCENTIVARE PASSAGGIO AUTOMATICO DA DIAGNOSI A TRATTAMENTO FARMACOLOGICO
DIAGNOSI PROBLEMATICA DIMOSTRATA DA CONTINUI RIMANEGGIAMENTI DSM.

(DIRE Notiziario minori) Roma- "Va disincentivato il passaggio automatico dalla diagnosi di Adhd al trattamento farmacologico, cercando piuttosto di approfondire i contesti familiari, scolastici e di personalita' dove si sviluppano le problematiche dell'attenzione e dell'iperattivita'". Cosi' Vittorio Lingiardi, professore ordinario in Psicologia Clinica presso la facolta' di Medicina e Psicologia dell'Universita' 'La Sapienza' di Roma, ha commentato con l'agenzia di stampa Dire il dibattito diagnostico attorno alla sindrome da iperattivita' presente nel nuovo Manuale dei disturbi mentali (Dsm 5).

"La diagnosi di disturbo da deficit dell'attenzione e iperattivita' e' molto complessa e dotata di scarsa validita'. Si tratta di un disturbo difficile da diagnosticare, e diagnosticato troppo frequentemente. Tra l'altro- ha aggiunto lo psichiatra- e' caratterizzato da varie componenti, ha una probabile componente genetica, ma e' anche molto condizionato dal contesto ambientale".

Il professore ha sottolineato come "la concettualizzazione dell'Adhd e' cambiata con le varie edizioni del Dsm, passando dalla disinibizione motoria del Dsm-II (reazione ipercinetica), al deficit di attenzione del Dsm-III (disturbo da deficit di attenzione, Add) al deficit di attenzione/iperattivita' del Dsm-III-R e Dsm-IV (Adhd). Tradizionalmente- ha continuato lo psichiatra- e' suddiviso in tre sottotipi (con deficit di attenzione predominante; iperattivo-impulsivo; combinato). Ora il Dsm 5 propone di modificare i criteri diagnostici, in particolare l'eta' d'insorgenza che dovrebbe passare da 7 a 12 anni. E la sottotipizzazione in quanto tale verrebbe a cadere, sostituita dall'idea di 'modo di presentarsi' del disturbo".

Il Dsm 5 richiedera' che "le informazioni sull'adolescente vengano raccolte da almeno due figure diverse (per esempio, genitore e insegnante) e questa e' una buona cosa. Che sia una diagnosi problematica che richiede un assessment molto scrupoloso- ha concluso Lingiardi- e' dimostrato dai continui rimaneggiamenti che subisce e da una certa mancanza di dati univoci derivati dalla ricerca empirica applicata alla clinica". (Wel/ Dire)

RISULTATI DI UNA RICERCA OLANDESE

(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 8 mar. - I bambini, si sa, hanno tanta energia, ma capita spesso che ne abbiano un po' troppa.

Quando un bambino registra un'eccessiva attivita' muscolare che rischia di trascendere nell'aggressivita' ed impulsivita', con conseguenti difficolta' nel fare i compiti, concentrarsi o avere problemi relazionali, si parla di iperattivita' (o ADHD). Finora, per diagnosticare la causa di questa patologia, sono state fatte tante ipotesi, ma non era mai stato preso in considerazione un legame piuttosto elementare: quello con il cibo.

Hanno tentato questa via dei ricercatori olandesi che hanno pubblicato i risultati del loro studio su Lancet. Hanno provato a mettere a dieta un gruppo di bambini affetti da ADHD dai 4 agli 8 anni. Il tentativo era quello di provare se, partendo con la base dell'alimentazione, cioe' cibi naturali come riso, frutta e verdura, i sintomi venivano ridotti.

Il dubbio infatti si concretizzava sui cibi lavorati o alcuni altri tipi che possono ingenerare delle allergie o intolleranze alimentari come ad esempio le uova o il latte. Eliminando tutti i cibi a rischio, dopo 5 settimane i ricercatori hanno notato che la sindrome cominciava a scemare, i sintomi si riducevano e l'attivita' motoria dei bambini prima problematici si avvicinava molto a quella dei loro coetanei considerati "normali".

Ma siccome non si puo' mettere a dieta ferrea un bambino in crescita, questa e' stata solo la prima fase dello studio. I cibi prima eliminati dovevano essere necessariamente reintrodotti, e cosi' sono stati fatti "provare" ai bambini uno per volta, in modo da notare quale di questi faceva scattare l'iperattivita'.

Grazie a questa sperimentazione, un po' come avviene con le allergie alimentari, si riesce ad individuare l'elemento incriminato ed eliminarlo dalla dieta. La cosa importante e' che, come affermano gli stessi ricercatori, la dieta ferrea non venga protratta per oltre 5 settimane.