Corso prematurita'.     Ido: la sindrome del bambino vulnerabile.


Roma, 23 gen. - La scheda di screening e monitoraggio neuroevolutivo per pediatri, educatori e psicologi, elaborata dall'Istituto di Ortofonologia (IdO) "e' uno strumento destinato a supportare quanti si occupano dei primi due anni di vita, nelle reti dedicate all'infanzia (0-24 mesi)". Sara' illustrata da Elena Vanadia, neuropsichiatra infantile dell'IdO, il 26 gennaio 2019 a Roma (in Corso D'Italia 38A) in occasione della seconda giornata del corso 'Il neonato pretermine. La cooperazione multiprofessionale per affrontare la complessita'', promosso insieme alla SISPe con i patrocini della Societa' italiana di pediatria (Sip) e della Societa' italiana di neonatologia (Sin).

Il principio di base e' l'individuazione della vulnerabilita'. "La scheda non e' orientata a definire un disturbo specifico o globale gia' definito- chiarisce subito la neuropsichiatra- non e' una scheda primariamente o unicamente diagnostica, ma di screening e monitoraggio perche' tende a individuare l'eventuale vulnerabilita' del bambino monitorandone la traiettoria di sviluppo". Si struttura in diverse schede specifiche, divise in semestri di vita per i primi 24 mesi.

In questo contesto "il neonato pretermine e' paradigmatico della 'sindrome del bambino vulnerabile'. Una sindrome descrittiva piu' che diagnostica- sottolinea la specialista- perche' ci aiuta a comprendere quanto la nascita prematura, che spesso si configura nella mente del genitore come un possibile lutto, quando esita in una sopravvivenza puo' rimanere comunque non elaborata nel genitore, che tendera' ad attivare tutta una serie di modalita' protettive che non sempre infondono sicurezza nel bambino. Il piccolo finira' per sviluppare una sindrome comportamentale le cui caratteristiche possono andare dall'ansia di separazione a quadri che simulano disturbi dell'apprendimento".

Elena Vanadia aggiunge che "questo perche' diverse caratteristiche relative alle abilita' neuropsicologiche possono risentire di aspetti emotivi, di un disagio affettivo o di un senso di profonda insicurezza che determinano poi una inibizione nelle abilita' del bambino. È interessante riflettere su quanto bisogno di supporto ci sia nella perinatalita' della prematurita' poiche' anche se il bambino ha superato la vulnerabilita' o la patologia organica- conclude Vanadia- non sempre il genitore ha superato la vulnerabilita' psichica".

Il corso si conclude il 23 febbraio 2019, la partecipazione e' gratuita ma le adesioni saranno accettate secondo l'ordine di arrivo e fino ad esaurimento posti disponibili. Per iscriversi basta inviare una email con il proprio nominativo al seguente indirizzo email: segr.formazione@ortofonologia.it.

DIFFICOLTÀ di LETTO-SCRITTURA IN BIMBI ESPOSTI ALL'ALCOL IN FASE PRENATALE.
LO RIVELA una RICERCA ANGLO-AUSTRALIANA CONDOTTA SU 4.714 MINOR.I

(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 10 lug. - Alcune difficolta' di apprendimento, sofferte nell'infanzia, potrebbero derivare dall'assunzione di alcol nella fase prenatale. A rivelarlo e' uno studio anglo-australiano, che aggiunge: "I bambini esposti ad una forte assunzione di alcol nel primo trimestre di maternita' possono avere il doppio delle probabilita' di incorrere in difficolta' nella lettura. Problematiche che emergerebbero nella scrittura se esposti invece ad occasionali 'binge drinking' da parte delle madri in gravidanza".

La ricerca, condotta dal Centro di ricerca per la salute della popolazione della Curtin University di Perth (Australia), insieme al Telethon Institute for Child Health Research (West Perth, Australia) e all'Unita' di epidemiologia perinatale nazionale dell'Universita' di Oxford (Regno Unito), ha preso in esame la relazione tra la dose, il modello e il tempo di esposizione alcolica delle donne in gravidanza rispetto all'emergere di problemi connessi alla lettura, scrittura, ortografia e matematica dei loro figli tra gli 8 e i 9 anni.

Il campione esaminato e' di 4.714 bambini nati da donne non indigene in Australia occidentale tra il 1995 e il 1997, in base al livello di alfabetizzazione. Circa l'86% dei bambini esaminati (4.056) ha mostrato rendimenti scolastici positivi tra gli 8 e i 9 anni, poiche' si trattava di un gruppo di riferimento che comprendeva quelle donne che seppur bevevano alcol prima di restare incinta, avevano deciso di astenersi dal bere durante la gravidanza. Infine, l'esposizione prenatale ad una quantita' di alcol bassa o moderata non e' stata associata ad uno scarso rendimento scolastico.

          DISORTOGRAFIA
(IL CONTRIBUTO DI MEUMANN)
         di GUIDO PESCI

DISLESSIA, IDO: DATI ISTAT CONFERMANO L'ORIGINE PSICHICA.

CASTELBIANCO: ANSIA E POCA AUTOSTIMA PESANO SULLO SVILUPPO DELLE AUTONOMIE.


(Notiziario Sanita') Roma, 30 gen. - I bambini che soffrono di Disturbi specifici dell'apprendimento (Dsa), come la dislessia, si presentano spesso immaturi e carenti nelle autonomie di base. Questa tesi, frutto di una ricerca condotta dall'Istituto di Ortofonologia di Roma (IdO) insieme alla cattedra di Psicologia dinamica dell'Universita' di Padova, e' stata confermata dagli ultimi dati Istat. L'Istituto Nazionale di Statistica ha rilevato che il 34,5% degli alunni con disabilita' nelle scuole primarie e secondarie non e' autonomo. I problemi piu' frequenti in questi soggetti, ha precisato l'ente, riguarderebbero "il ritardo mentale, i disturbi del linguaggio, quelli dell'apprendimento e dell'attenzione".

L'IdO, nel corso dell'ultimo convegno nazionale su 'Le Dislessie', ha sottolineato come l'ansia e la bassa autostima incidano sulla capacita' dei bambini di utilizzare correttamente l'attenzione e piu' esattamente la capacita' di concentrazione e la memoria, causando una difficolta' nello gestirsi autonomamente e di conseguenza negli apprendimenti. La ricerca dell'Istituto di Ortofonologia ha infatti dimostrato che le principali problematiche relative alle condotte di base (alimentazione, sonno, controllo sfinterico e inserimento scolastico), hanno riguardato il 68% dei bambini con Dsa in due condotte particolari: il sonno, agitato con continui risvegli notturni e il protrarsi in questi soggetti di fenomeni tipo enuresi e stipsi.

"I dati Istat- afferma Federico Bianchi di Castelbianco, direttore dell'IdO- confermano la nostra tesi e consentono di spiegare l'incredibile aumento dei Dsa, avvalorando l'ipotesi psicologica quale origine di questi disturbi. D'altra parte- chiude- in questi ultimi cinque anni oltre alla dislessia sono raddoppiati tutti i disturbi dell'eta' evolutiva, quali i disturbi del comportamento, la balbuzie, i tic, l'ansia, le fobie scolari, etc., cosi' come hanno riportato il servizio dell'Eta' Evolutiva della Asl e l'Ordine degli psicologi del Piemonte". (Wel/ Dire)

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SALUTE. DISLESSIA, CONVEGNO DELL'IDO A ROMA PER RIDARE ALLA PEDAGOGIA IL RUOLO CHE LE SPETTA
INIZIATIVA IL 19 GENNAIO PRESSO L'ISTITUTO SCOLASTICO REGINA ELENA.


(DIRE - Notiziario sanita') Roma, 16 gen. - Parte dalle scuole di tutta Italia un movimento culturale per ridare alla pedagogia il ruolo che le spetta nell'affrontare i Disturbi specifici dell'apprendimento (Dsa), privilegiando l'ottica didattica a quella sanitaria. Per riaccendere, quindi, una riflessione a tutto tondo sul tema delle 'Dislessie. Il ruolo della scuola nella complessita' degli apprendimenti', l'Istituto comprensivo Regina Elena di Roma promuove nuovamente il XV convegno nazionale dell'Istituto di Ortofonologia (IdO) il 19 gennaio dalle ore 9 alle 18 presso la sua sede in Via Puglie 4.

 

La dislessia, cosi' come viene descritta, e' un disturbo dalle molteplici forme essendo tante le cause che possono determinarlo. Sono etichettati come dislessici, infatti, "bambini con problematiche differenti che vanno ad esempio dai disturbi del linguaggio al disordine visuo-spaziale e alla disorganizzazione generale. Oltre le diverse matrici- ha spiegato Federico Bianchi di Castelbianco, direttore dell'IdO- vi sono anche le cause psicologiche che affondano le loro radici nell'adozione, lo stress, traumi o difficolta' emotive che comportano poi un aumento di quelle di apprendimento". Per delineare, quindi, le sfide che la scuola italiana si trova a dover affrontare oggi, si confronteranno al convegno i docenti provenienti dalle Universita' di Padova, Macerata e Basilicata insieme ai rappresentanti del mondo della scuola, della psicoterapia e delle associazioni italiane di pedagogisti. Il metodo dell'insegnamento "ha subito negli ultimi trent'anni un forte cambiamento, non considerando piu' le capacita' raggiunte dai bambini nella comprensione del testo, ma privilegiando un'ottica temporale per l'apprendimento della letto-scrittura, che focalizza la sua attenzione su quanti errori fanno e in quanto tempo. Infatti- ha precisato lo psicoterapeuta- se nel 1980 occorrevano due anni, prima e seconda elementare, per imparare a leggere e a scrivere, adesso lo si fa in 3 mesi". Ma l'apprendimento "e' un atto complesso e bisogna capire quando il bambino e' pronto, poiche' nel passaggio dalla scuola materna a quella elementare c'e' una forte aspettativa sociale. Un'attesa e una spinta che grava anche sulle insegnanti, che a loro volta devono apparire come produttive e immediate, piuttosto che rimarcare l'importanza del tempo nel processo didattico". Di fatto, il numero dei dislessici e' "aumentato a dismisura- ha precisato Castelbianco- in quanto diagnosticare come dislessici i bambini che impiegano piu' tempo o commettono piu' errori porta a dilatare ed estendere l'etichetta di dislessia. Ad esempio, essendo aumenti gli anticipatari, i bambini che vanno in prima elementare a 5 anni, e' aumentata tra di loro la percentuale di minori che incappa in questo criterio valutativo che li indica come dislessici. Si tratta, invece, di soggetti che hanno maggiore difficolta' scolastiche non per un problema intellettivo ma perche' non sono maturi, dal momento che la richiesta di prestazioni avviene in un momento inadeguato alla loro eta' e alle loro esperienze. La forza della pedagogia e la sua responsabilita'- ha concluso il direttore dell'IdO- consisteranno anche nell'evitare le anticipazioni inadeguate".
 

DISLESSIA

CRISPIANI: PATOLOGIZZATA CON PERCORSI DUBBI

 

Roma, 30 nov. - La letteratura, i pronunciamenti e le esperienze cliniche "affermano univocamente" che la dislessia "non comporta ritardo mentale, disturbi percettivi, disturbi psicologici e, complessivamente, non costituisce una patologia".

 

Malgrado cio', "si e' determinata in Italia una radicale collocazione del problema in ambito sanitario, sulla scorta di norme nazionali e regionali insistenti nel rendere obbligatoria una diagnosi di mano neuropsichiatrica o psicologica per condizioni quasi sempre del tutto estranee a patologie o disturbi di natura psichica". Lo ha affermato Piero Crispiani, docente dell'Universita' di Macerata e vicepresidente dell'Unione italiana pedagogisti (Uniped), secondo cui "il fenomeno e' stato radicalmente patologizzato e portato in ambito sanitario, caricandolo di significati che non possiede e attivando un percorso di certificazione, o schedatura, di dubbia liceita'".

Lo stesso affermato "principio di sottoporre tutti i bambini in odore di Disturbo specifico di apprendimento (Dsa) alla valutazione neuropsicologica appare in forte contrasto con i costumi e i principi delle pratiche professionali sanitarie- ha proseguito il professore- che riservano gli esami ai casi che ne denotano motivi di sospetto, non 'erga omnes'".  Secondo Crispiani, sono "molteplici i motivi che meriterebbero rianalisi critiche, o aggiornamenti, da parte degli estensori di documenti pur importanti, che rileggano temi fondamentali: come si legge e scrive, cos'e' il vero 'errore fonologico', quale compromissione prassico-motoria, cos'e' veramente il visuo-motorio, quali i sintomi grafico-motori, spazio-temporali, cosa c'entra la discalculia, quali gli indicatori della dislessia, quale prevenzione e quali possibili miglioramenti".

Non di meno critica, per il vicepresidente dell'Uniped, e' "la concezione tradotta per la scuola, l'invito a 'misure compensative' in se' interessanti ma fatalmente confuse con quelle meramente sostitutive (calcolatrice, tastiere, audiolibri). Da ridiscutere con attenzione- ha sottolineato il professore- le 'misure dispensative' per gli ovvi inconvenienti connessi ad atteggiamenti di insegnanti, genitori, ecc. I motivi di discussione sarebbero moltissimi, sono presenti nelle convinzioni di moltissimi, appartenenti ad ogni ambito (inclusi psicologi e neurologi), e meriterebbero un allargato consensus".

 

Anche la scuola, "gia' prostrata da problemi propri, necessiterebbe di un allentamento della pressione su questo tema e di maggiore chiarezza, evitando l'imposizione di modalita' molto discutibili, talvolta in contrasto con la missione propria dell'educazione (supplire, sostituire, evitare, by-passare). In definitiva- ha concluso Crispiani- ripensare per intero il sistema, dal piano teorico alle indicazioni procedurali alle normative, per garantire una migliore 'presa' rispetto al problema della sindrome dislessica e per restituire alle competenze pedagogiche e didattiche la pertinenza sulle pratiche educative".

(Wel/ Dire)

 

DSA, IL 10 NOVEMBRE A ROMA XV CONVEGNO IDO SU 'DISLESSIE'
UN DISTURBO DALLE MOLTEPLICI FORME, LE CUI CAUSE SONO DIVERSE.
(DIRE ) Roma, 12 ott. - La dislessia e' un disturbo dalle molteplici forme, sono tante e diverse le cause che possono scatenarla. Per questo motivo al XV convegno nazionale dell'Istituto di Ortofonologia (IdO) si parlera' di 'Dislessie' e del 'Ruolo della scuola nella complessita' degli apprendimenti'.

L'iniziativa avra' luogo a Roma il 10 novembre, dalle ore 9 alle 18, presso l'Istituto Regina Elena in via Puglie 4.

 

"Troppi sono i bambini che per cause diverse presentano Disturbi specifici dell'apprendimento (Dsa) e il loro numero e' sempre in aumento. Forse, bisognerebbe sciogliere la differenza che esiste tra difficolta' scolastica, Dsa e le cause che hanno determinato questi disturbi di apprendimento". Ad affermarlo e' Federico Bianchi di Castelbianco, direttore dell' IdO, in merito all'aumento esponenziale di tali comportamenti problematici. "Il paradosso- ha proseguito lo psicoterapeuta- e' che se trent'anni fa avevamo bambini che si presentavano in prima elementare senza mai essere stati alle scuole materne, oggi tutti fanno per lo meno i 3 anni di scuola d'infanzia e un 50% di questi ha fatto anche il nido. È possibile che in questi 30 anni le insegnanti non sono state in grado di riconoscere i Dsa? Ma soprattutto, non ci rendiamo conto che il solo porci questo quesito rappresenta un insulto alla classe docente? Il problema e' sempre stato posto -ha chiarito- quello che manca invece e' un nuovo progetto pedagogico che restituisca alla scuola il ruolo di competenze e di intervento e non lo stato attuale, che e' una delega totale all'ambito sanitario". E proprio per avvalorare questa tesi a difesa dei professori, Castelbianco ha ricordato che nel 1978-79 l' IdO "coinvolse le insegnanti delle scuole dei Castelli Romani, con tutto il servizio di medicina scolastica, in una ricerca biennale su 2.000 bambini relativa ai Dsa. Allora la percentuale di soggetti con dislessia riscontrata dal corpo docente non supero' il 2%. Oggi - ha sottolineato il direttore- la percentuale si e' triplicata, anzi in alcuni casi si e' arrivati a indicare un erroneo 15-16%. Ma in realta' ci troviamo di fronte ad un'altra problematica: sono aumentate le difficolta' scolastiche, e di conseguenza quelle di apprendimento, sono cambiate le modalita' di insegnamento, le dinamiche sociali e della famiglia". Al convegno promosso dall' IdO ci si domandera', quindi, come e' possibile che negli ultimi trent'anni non siano stati richiesti alle maestre nuovi progetti pedagogici per superare il grande disagio scolastico? "Alla scuola- ha concluso Castelbianco- va ridato il ruolo preminente nell'insegnamento pedagogico, nel supporto e nella prevenzione di queste situazioni di difficolta'".

 

DISTURBI DI APPRENDIMENTO, INPEF: IL 3/10 CONVEGNO PER CHIARIRE LEGGE 170/2010

"CHE HA APERTO la STRADA alla  MEDICALIZZAZIONE del SISTEMA EDUCATIVO".


(Notiziario minori) Roma, 25 set. - "Le riforme sociali passano attraverso informazione, formazione, consapevolezza, desiderio di cambiamento e dedizione. Per questa ragione, noi, non ci fermiamo mai. E' d'obbligo, proprio in queste ore, mentre ancora contrastiamo la proposta di riforma psichiatrica, occuparci del superamento di una delle leggi piu' discutibili dell'ultima Legislazione, rivolta ai nostri ragazzi e bambini: le 'Nuove Normi in Materia di Disturbi specifici dell'apprendimento' (Dsa): legge 170 approvata il 10 ottobre del 2010". Lo ha affermato Vincenza Palmieri, presidente dell'Istituto nazionale di pedagogia familiare (Inpef), che ha promosso il 3 ottobre in Campidoglio, in collaborazione con Roma Capitale (commissione Scuola), il convegno 'In Roma capitale... I ragazzi sono il nostro futuro' per sviluppare una riflessione necessaria e voluta sull'applicazione della legge 170/2010.

Questa legge- ha proseguito- riconosce e definisce come 'malattie' cio' che un tempo erano individuate e trattate come lacune, difficolta', o mancanza di esercizio. La didattica della matematica (come si imparano le tabelline, incolonnare i numeri, eseguire una operazione), non puo' essere delegata ad operatori della Sanita' e non puo' essere scavalcata da una diagnosi o da una 'pillola per imparare'; cio' vale per la lettura, la scrittura, l'ortografia, la grafia. Non sono malattie, ma tanti studenti italiani sono diagnosticati come 'affetti da Dsa(cioe' discalculia, disgrafia, dislessia e disortografia)".

Cio' prevede, ha spiegato Palmieri, "sistemi compensativi: ad esempio calcolatrici, registratori, pc (per leggere, scrivere e far di conto), al posto della manualita' e dell'esercizio; prevede altresi' 'sistemi dispensativi': cioe' lo studente viene dispensato dallo studiare pezzi di programma e viene quindi privato di conoscenza ed abilita'. A breve e lungo termine cio' puo' produrre risultati devastanti. Abbiamo il dovere ed il diritto di fermare tutto questo".

All'Inpef "ci occupiamo giornalmente di ragazzi a rischio o con diagnosi di iperattivita' o Dsa. Una programmazione corretta e un intervento didattico o pedagogico familiare hanno sempre rappresentato la soluzione piu' efficace. Per questa ragione- ha aggiunto il presidente- dopo i risultati prodotti con centinaia di ragazzi, docenti, genitori, dopo migliaia di ore di formazione, sentiamo l'orgoglio scientifico di affermare con totale determinazione che questa legge, che sta trasformando il panorama scolastico italiano ed il nostro futuro, ha aperto la strada alla medicalizzazione del sistema educativo, con tutti gli errori ed orrori che questo comporta. E che le soluzioni didattiche- ha concluso- rimangono le uniche soluzioni percorribili, quindi anche una grande occasione di crescita professionale".

DSA, INPEF: NON SONO PATOLOGIA, RIMETTERE AL CENTRO LA DIDATTICA

IL 3 OTTOBRE CONVEGNO IN CAMPIDOGLIO PER CHIARIRE la LEGGE 170/2010.
(Notiziario minori) Roma, 14 set. - Le nuove norme in materia di Disturbi specifici di apprendimento (Dsa) "stanno trasformando il panorama scolastico e il nostro futuro aprendo la strada alla medicalizzazione del sistema educativo. Sta avvenendo una vera e propria delega al sistema sanitario, considerando patologico cio' che prima veniva valutato come una lacuna dovuta anche a carenze del sistema didattico". Questa la principale criticita' della legge 170/2010 rilevata dal presidente dell'Istituto nazionale di pedagogia familiare (Inpef), Vincenza Palmieri, che ha promosso sul tema un convegno, il 3 ottobre alle ore 17 in Campidoglio, dal titolo 'In Roma Capitale... I Ragazzi sono il nostro Futuro', per fare "un'analisi critica di questo testo che non e' una legge qualunque, ma c'e' tutto un sistema nazionale che si e' mosso intorno ad essa cambiando il punto di vista sulla didattica, sulla scuola e sulla famiglia".

Per la psicologa "si parla solo di disturbi specifici dell'apprendimento e non si parla mai di disturbo dell'insegnamento che e' cosa altrettanto seria. È essenziale rimettere al centro la didattica disciplinare e la pedagogia, eppure- ha ribadito la docente dell'Universita' degli Studi di Basilicata- nonostante tutte le riforme della scuola nessun ministro dell'istruzione ha mai pensato di riformare i bisogni formativi dei docenti, bisogni che si basano sulla metodologia di insegnamento e apprendimento". C'e' un errore di base per Palmieri: "I Dsa sono sintomi di difficolta' e non patologia. Noi stiamo classificando come malattia cio' che puo' essere considerato un indicatore, o meglio un sintomo di qualcos'altro come un problema di vista o la mancanza di esercizio. In assenza di un disturbo biologico- ha spiegato- non si puo' parlare di malattia ma solo di difficolta', che nel caso dei Dsa andrebbero affrontate didatticamente". La diagnosi dovrebbe intervenire "solo nei disturbi di tipo biologico, mentre quelli che hanno a che fare con l'apprendimento devono afferire al sistema didattico e pedagogico". Sulle dispense e gli strumenti compensativi, l'educatrice ha espresso una forte perplessita': "Se diamo ai ragazzi sistemi tecnologici, come computer e calcolatrici, invece di dare esercizi come potranno sviluppare competenze e superare la disgrafia o la discalculia?". Il presidente ha chiarito di "non accusare i docenti di delegare alla Sanita', ma questi sono costretti a farlo non avendo tutte le competenze che i nuovi giovani richiedono". Bisognerebbe "formare i docenti ed eliminare l'eccessivo uso delle diagnosi nelle scuole. Il mio timore e' che dietro questa eccessiva medicalizzazione del sistemo educativo possa celarsi un disegno piu' importante- ha concluso Palmieri- non vorrei che un giorno arrivasse la pillolina per l'apprendimento".

http://www.pedagogiafamiliare.it/file/seminario_gratuito.html
 

DISLESSIA, UN TERZO SUPERA LE DIFFICOLTÀ DA ADULTO


IN ETA' SCOLARE SONO TRA IL 4 E 5% DELLA POPOLAZIONE SCOLASTICA

(DIRE - Notiziario Minori) Roma, - "I dislessici in eta' scolare, dai 6 ai 18 anni, in Italia sono circa 350 mila, cioe' tra il 4 e 5 % della popolazione scolastica, il disturbo pero' si attenua nella popolazione generale dove si stima un'incidenza del 2,5%. Gli italiani dislessici sono circa un milione e 500 mila".

Ad affermarlo e' Giacomo Stella, docente Psicologia Clinica presso la Facolta' di scienze della Formazione dell'Universita' di Modena e Reggio Emilia intervenuto alla conferenza stampa sull'argomento DSA e la legge 170/2010 che riconosce la dislessia, la disortografia, la disgrafia e la discalculia come disturbi specifici di apprendimento. Per Stella, il problema e' maggiormente sentito proprio durante il periodo scolastico.

All'uscita da scuola, infatti, il disturbo lo si 'avverte' meno in quanto non c'e' la stessa necessita' di studiare e quindi di leggere. Tuttavia, ha aggiunto Stella, sono circa un terzo quelli che in qualche modo superano queste difficolta' in eta' adulta.

Le difficolta' maggiori si incontrano proprio lungo tutto il periodo della formazione e spesso il disturbo viene confuso con il poco impegno dell'alunno. "Nella stragrande maggioranza dei casi persiste per tutto il corso della scolarizzazione e rende il percorso formativo molto problematico - ha spiegato Stella -.

Negli anni passati molti bambini abbandonavano il percorso.

Adesso si arriva alla scuola media superiore e abbiamo anche i primi dislessici che frequentano l'universita'. I dislessici, dal punto di vista intellettivo sono normodotati, anzi spesso hanno una intelligenza di livello superiore, semplicemente hanno un ostacolo molto forte per l'apprendimento della lettura e per leggere fluentemente". Un ''piccolo grande problema'' che oggi si puo' affrontare in vari modi, ha aggiunto Stella. "Si puo' intervenire con la riabilitazione nei primi anni della scolarizzazione, ma dopo il dislessico si trascina la sua piccola difficoltà per tutta la vita con la differenza che non e' visibile fino a quando non gli viene chiesto di leggere. Dopo la riabilitazione c'e' la possibilita' di utilizzare strumenti compensativi, cioe' di usare computer che leggono al posto del dislessico. L'informatica, infatti, permette al dislessico di arrangiarsi e fare senza la mamma che leggeva al posto suo". Particolare attenzione merita il ruolo dell'insegnante nel riconoscere i disturbi e rispondere in maniera adeguata alle necessita' di questi alunni. "Gli insegnanti sul piano dei contenuti non devono cambiare nulla - ha concluso Stella -, ma sul piano dell'attenzione devono avere parecchie avvertenze. Per esempio, scrivere alla lavagna e cancellare subito dopo e' una cosa che crea ai dislessici non pochi problemi e capita che a volte il bambino venga ritenuto pigro quando invece non riesce a fare quello che gli altri fanno con grande velocita'". Ma le accortezze, ha aggiunto Stella, devono riguardare tutto il percorso scolastico, dalle lezioni alle verifiche. Per gli alunni e gli studenti con Dsa verranno privilegiate le verifiche orali al posto delle scritte e anche le lezioni sara' possibile seguirle in versione orale grazie agli strumenti compensativi previsti dalla  normativa.